Cerca nel blog

venerdì 25 luglio 2014

LA SCUOLA ITALIANA E LA CURA DELLA DISABILITÀ – riflessioni a margine

La scuola italiana, forse è bene ricordarlo di tanto in tanto, si prende cura da molto tempo dei suoi alunni con disabilità attraverso scelte che sono ancora, per molti aspetti, uniche nel panorama internazionale. L’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo, se non l’unico, che attua l’integrazione di tutti i bambini nella scuola, indipendentemente dalla gravità della disabilità.

Vale forse la pena di ricordare che fin dal 1971 la nostra legislazione prevede la possibilità, e dal 1977 l’obbligatorietà, dell’inserimento in classi “normali” per tutti i bambini e ragazzi.
In tutte le alterne vicende della scuola italiana, fra riforme e tagli e anche, per così dire, incidenti di percorso, l’integrazione degli alunni con disabilità non è mai stata messa in discussione.
Certo, in alcuni momenti si sono “stretti i cordoni della borsa” e magari servirebbero più insegnanti di sostegno, una migliore preparazione per  tutti i docenti e più ampi finanziamenti e chi più ne ha più ne metta: ma il principio dell’integrazione e l’idea che la scuola debba impegnarsi per essere scuola “di tutti e di ciascuno” non è mai stato messo in discussione e nel corso degli anni lo stesso legislatore ha specificato le normative di settore ed indicato i percorsi e le possibilità di azione, anche attraverso documenti di importante valenza pedagogico- didattica.
Nel nostro territorio, in particolare, gli studi, le sperimentazioni, le realizzazioni di progetti efficaci si sono moltiplicati ed hanno contribuito a creare conoscenze, sensibilità  e competenze negli operatori della scuola. Dall’insegnamento di Andrea Canevaro, all’esperienza del Centro Educativo Italo- Svizzero, ai convegni del Centro Studi Erickson che si tengono ogni anno a Rimini, fino al convegno biennale di S. Marino sui Disturbi Specifici di Apprendimento (tanto per citare solo alcune esperienze), le scuole del riminese traggono ogni anno stimoli e motivazione per continuare il loro percorso d’integrazione.
Questo significa che va tutto bene e non potrebbe andare meglio? Certamente no!
Il migliore dei mondi possibili esiste solo, per quanto a mia memoria, nel noto romanzo di Voltaire (e anche lì, sono in chiave antifrastica).
Significa però che l’attenzione e il lavoro in questo ambito sono sempre una priorità per la scuola riminese, che non abbassa mai la guardia sulle tematiche connesse ad ogni tipo di bisogno educativo speciale.
Anche il testo delle Nuove Indicazioni per il Curricolo, nel paragrafo intitolato non a caso “una scuola di tutti e di ciascuno”, afferma:
La scuola italiana sviluppa la propria azione educativa in coerenza con i principi dell’inclusione delle persone e dell’integrazione delle culture, considerando l’accoglienza della diversità un valore irrinunciabile. […] Particolare cura è riservata agli allievi con disabilità o con bisogni educativi speciali, attraverso adeguate strategie organizzative e didattiche, da considerare nella normale progettazione dell’offerta formativa. Per affrontare difficoltà non risolvibili dai soli insegnanti curricolari, la scuola si avvale dell’apporto di professionalità specifiche come quelle dei docenti di sostegno e di altri operatori.
La grande sfida che si pone alla scuola è appunto il considerare l’integrazione nella normale progettazione dell’offerta formativa, farla cioè diventare un modus operandi all’interno del progetto d’Istituto, che si fondi sul presupposto che ogni alunno deve sentire la scuola come un luogo “che fa al caso suo”, pensato per lui/lei.
Questo è un compito complesso e sempre in divenire; non esiste un punto di arrivo, una situazione ideale che si possa cristallizzare, perché l’educazione è per sua stessa natura “evoluzione”.
L’integrazione è quindi un cammino, che si fa a scuola perché si fa insieme: insieme ai compagni, ai docenti, al personale educativo, al personale non docente.
E si fa a scuola, perché la scuola ha un progetto per tutti e per ciascun ragazzo.
In questo percorso, la scuola è chiamata a perseguire una doppia linea formativa, verticale (per una formazione che possa poi continuare lungo tutto l’arco della vita) e orizzontale, con un’attenta collaborazione con gli attori extrascolastici, in primo luogo la famiglia.

Le Nuove Indicazioni ribadiscono che la scuola non può interpretare questo compito come semplice risposta ad un’emergenza. E che non è opportuno seguire pedissequamente le sollecitazioni che le provengono da vari ambiti della società. Il suo compito è quello di cercare un’alleanza educativa con i genitori, senza confrontarsi solo in momenti critici, ma instaurando relazioni costanti che riconoscano i reciproci ruoli, nelle comuni finalità educative. 

Nessun commento: