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lunedì 6 settembre 2010

Un'anonima poesia di follia e dolore

Il vuoto che mi hai lasciato, 
come trafitta da vetri di piombo,
che non fanno rumore, 
come uno sparo silenzioso.
Dopo solo lacrime,
gli occhi lucidi su ciglia di cartone. 

Questa lirica, secondo me di un'intensità incredibile, è contenuta nella raccolta nata dal laboratorio di pittura e poesia
che si è svolto quest'anno nella Residenza Sanitaria Assistenziale Sole di Misano Adriatico, all'interno di RTI (residenza a trattamento intensivo psichiatrico). L'autrice si firma semplicemente con il nome di battesimo: Roberta.
Ho ricevuto il libretto che raccoglie queste liriche durante la manifestazione ParcoPoesia di Riccione e le ho lette piuttosto distrattamente, certo superficialmente, trovandone qualcuna bella, finché quella di Roberta non mi ha colpita allo stomaco.
Trovo che sia un'efficacissima espressione di un dolore che è assenza, una mancanza che si fa dolorosa come una ferita, ma non una ferita qualsiasi: il taglio netto di un vetro, che diventa pesante come il piombo.
La metafora "vetri di piombo", quasi un ossimoro nell'accostamento di due materiali così antitetici per il nostro immaginario, toglie al vetro ogni residuo di leggerezza che potrebbe derivargli dalla sua trasparenza.
Un dolore acuto, pesante, improvviso e lancinante come uno sparo, che si consuma però nel silenzio. Di nuovo quasi un ossimoro tra "sparo" e "silenzioso". E la reazione che questo dolore produce è altrettanto silenziosa: non grida o gemiti, ma solo lacrime, dove quell'avverbio "solo" sta ad indicare che la sofferenza si esprime soltanto con le lacrime, ma anche che le lacrime sono l'unica cosa che rimane, non c'è più altro.
Infatti, nel breve scorrere della poesia, la protagonista si spersonalizza, da quel "mi" iniziale all'immagine reificata delle ciglia di cartone: non c'è più un essere umano che soffre, ma solo occhi lucidi, che non sono che un'immagine, quasi un cartellone pubblicitario, un cartonato cinematografico, la rappresentazione anonima, estranea di ciò che resta del dolore.
Tutto ruota intorno al momento centrale dello sparo, la durata di un istante che sconvolge una vita: intorno c'è solo il vuoto.

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