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lunedì 13 settembre 2010

La tentazione fiabesca di Hermann Hesse - 2° parte

La fiaba è, nel senso su descritto, il genere privilegiato all'interno della produzione di Hesse, una specie di filtro magico in grado di creare l'armonia tanto a lungo cercata; quando non scrive vere e proprie fiabe, Hesse si lascia sedurre dal gusto del fiabesco, come nel Siddharta, nella magia dello Steppenwolf, nella pseudostoria medievale di Narziss und Goldmund.
Dunque i suoi scritti tendono verso un universo fiabesco e le sue fiabe contengono gli elementi fondamentali della sua produzione.
un motivo ricorrente è quello della madre, una delle figure principali in Augustus e, in maniera meno palese ma non meno importante, in Pictor Verwandlungen (il ricordo della madre è già motivo dello scritto Klein un Wagner).
la madre di Hesse era nata in India, dove il nonno dello scrittore era missionario; la figura materna rappresenta per lui il mondo orientale, dove la desiderata conciliazione tra spirito e corpo è forse possibile.
La madre è anche la Dea Madre, nel seno della quale Augustus è ricondotto dalla morte, dopo aver espiato i suoi peccati; così anche la morte diventa un modo attraverso cui l'armonia può venir riconquistata.
la madre è una figura capace di assumere molteplici significati, è la donna per eccellenza, il personaggio attraverso il quale si esprime il "femminile" nelle fiabe di Hesse. La conciliazione che egli cerca sembra non potersi realizzare nell'uomo senza la partecipazione della donna, con la quale può essere stabilita una perfetta armonia, un'unione totale, che può essere un ritorno al grembo materno, oppure il ritrovamento dell'unità androginica originale.
La via per ritrovare l'armonia passa attraverso l'amore, che non a caso è motivo centrale di molte sue fiabe; il problema dell'amore e dell'unione con la donna è tema autobiografico: Hesse aveva visto il suo primo matrimonio distrutto dalla malattia mentale della moglie e soltanto con la seconda moglie Ruth Wehger riuscì a vivere tutto ciò che prima lo aveva afflitto come mancanza o lo aveva paralizzato come inibizione. E' per Ruth, infatti, che egli scrive la "Fiaba d'amore".
Questa segna, a mio parere, l'apice della produzione fiabesca di Hesse, poichè realizza pienamente la bipolarità dell'unità, il flusso perenne della vita, che è varietà in quanto continua trasformazione, ma anche unità in qualto espressione del medesimo principio di vita.

(tratto dal mio studio  "la donna e la fiaba", che sto rielaborando per la pubblicazione con il titolo "Le streghe e le fate: un percorso attraverso la letteratura tedesca")

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